E' da mesi che volevo scrivere ma rimandavo sempre. Perché è sempre un po' doloroso e non sempre così catartico. Ed infatti, al fine di evitare di peggiorare una situazione già un poco compromessa, ho evitato e fatto altro. Magari ho stirato, lavato qualcosa, spolverato o... mangiato. Tutte cose sempre molto social.
Anche oggi stavo per fare la stessa cosa. Soprattutto mangiare. Ma eccomi qua.
Tra l'altro ho un'esigenza da quando sono iniziate le vacanze di Natale. Precisamente da quando una cara amica mi ha mandato un messaggio invitandomi per un caffè o un te.
Le ho risposto con un "cuore".
Non ho avuto il coraggio di accettare ne di rifiutare: ero a corto di scuse. Perché le vere ragioni non potevo dirgliele, mi vergognavo. Mi vergogno. E forse è pure un bene perché denota una certa consapevolezza.
Sta di fatto che dopo il "cuore" non mi sono più fatta viva ma ci ho pensato ogni sacrosanto giorno. Mi dicevo "dai, oggi scrivile e fissa un appuntamento".
Ma poi nulla. Paralisi. Paura. Perché sapevo che me sarei pentita un minuto dopo. Forse dovrei avere la possibilità di realizzare tutto immediatamente non appena penso di scriverle. Perché il solo gap di tempo che passa tra il fissare la data e il giorno X che mi parte l'ansia e il desiderio di cancellare tutto.
Allora ho pensato che potevo scriverle una lettera qui. Ma più in generale ho pensato che avrei potuto scrivere una lettera unica a tutte quelle persone che nel tempo mi hanno invitato, cercato, chiamato, scritto... e che io ho ho evitato con estrema cura, paura ed un botto di ansia perché temo che questo possa portare queste persone a non volermi più bene o a dimenticarmi o, peggio che mai, a pensare male di me come di una che se la tira.
Io evito tutti perché mi sento inferiore a tutti.
Sto serena soltanto con due persone: mia madre e mio marito. Basta.
Anche verso i miei figli mi sento inadeguata e anche verso di loro sovente sono a disagio e mi comporto in modo tale da essere accettata da loro e voluta bene agendo, talvolta, in modo opposto, o perlomeno molto differente, da quello che avrei fatto se avessi seguito unicamente il mio pensiero.
Vi giuro: non è che non voglio stare con voi, vedervi, chiacchierare con voi. E' soltanto imbarazzo. Io non ho nulla da raccontare. Non faccio nulla. Non conosco nessuno. Posso soltanto parlare della mia malattia (e meno male almeno un argomento ce l'ho) ma dopo un paio di informazioni a riguardo, il tema si esaurisce e la mia vita, che praticamente coincide con lei, termina di essere anche soltanto un po' interessante.
Se almeno mi piacessi fisicamente potrei uscire per sfoggiare il mio lato estetico. Ma per carità, sorvoliamo.
Non riesco a parlare delle mie vere paure e difficoltà perché non mi fido di nessuno. Ma temo i silenzi.
Forse dovrei accettare (o trasformare quando non solo tali) soltanto inviti a tre in modo che non si creino silenzi. Ed effettivamente quando siamo in tre mi sento più a mio agio, meno responsabile. Meno.
Ma sono talmente sola che non saprei chi chiamare per aumentare il numero di persone.
Quindi è complicato ma di sicuro non c'è realmente nulla di personale verso queste persone.
E avverto la mia solitudine (mia madre a 79 anni è molto più social e impegnata con uscite con le amiche di me): io non esco mai. Se non fosse per il cane non uscirei mai. Anche mio marito ha una sua piccola vita sociale separata da me perché io non riesco ad unirmi a lui e alle sue uscite. Quante volte ha insistito per andare a qualche cena, o al cinema o a un concerto... Nulla. Non ci riesco. Mi blocco.
La settimana prossima ho accettato di andare a teatro e già sono in ansia. Per fortuna è dietro casa e staremo in un palchetto da tre coi posti assegnati così salirò lassù, mi nasconderò e poi di corsa di nuovo a casa.
E' così.
Poi sono certa che vedrò persone che conosco e mi profonderò in sorrisi e saluti come se fosse la serata più bella della mia vita e loro le persone che più desideravo incontrare.
Loop.
Senza speranza.
Ora ho fame.
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