domenica 27 aprile 2025

Un giocattolo di latta



                                            Vorrei sedermi a questa scrivania, davanti a questo schermo pronta a digitare parole allegre e piene di brio. Magari spiritose e che infondano buon umore a quelle tre (ottimista? Due... si sono due) persone che talvolta si imbattono in questa pagina e leggono, ma non ci riesco.

Ho una sensazione di vuoto. 

Mi sento un pupazzo. Un pupazzo inutile. O meglio, utile a fini pratici. 

Una marionetta...

Un automa.

Funzionale ma vuoto.

Ho come l'impressione che la mia vita sia quella di un giocattolo cui dare la carica la mattina (di quelle con la chiavetta sulla schiena che giri giri giri...) per fare. 

Cosa? 

FARE. 

Non importa cosa sento e come mi sento. L'importante è che ci sia la carica sufficiente per portare a termine le cose da fare della giornata.

Iniziare per finire.

Senza un'emozione vera. Che poi è l'essenza di come ho affrontato la maggior parte delle vicende della mia vita. 

Hai deciso di farlo (...?). Devi farlo. Fallo. Ed ora terminalo.

Ma senza un vero coinvolgimento.

Non riesco a godermi la vita. Non riesco più ad emozionarmi perché sento come un'eco silenzioso dentro di me. Uno spazio da riempire ma che non so con cosa riempire. E la stanchezza fa il resto.

Passerei il tempo sdraiata a guardare il soffitto e cerco di colmare questa assenza di me con un libro, con il cellulare, con qualche serie Netflix ma niente è capace di dare un senso a questa solitudine interiore.

Mi sembra anche di non essere più capace di amare.

Anche nei confronti dei miei figli, il mio desiderio di vederli sereni si avvicina decisamente di più al desiderio di non avere problemi e di poter tornare a guardare iil soffitto più che al desiderio di sapere che sono felici perché li amo.

Quasi mi disturbano. Mi urta quando mi chiedono qualcosa. Provo una grande stanchezza. Mi sento sopraffatta da tutto e da tutti. E di questo provo un grande senso di colpa.

Vorrei scappare lontano, in un luogo che nessuno conosce, a guardare il cielo sdraiata sull'erba. 

Ho desiderio di stare sdraiata a guardare il blu intenso del cielo ed il bianco delle nuvole che si rincorrono lentamente al soffio di una brezza leggera ma costante.

Svuotare lo stomaco.

Sì, lo stomaco è la prima cosa che mi è venuta da scrivere. Prima della mente; credo non sia un caso...

L'altro giorno mi è capitato di farlo su un muretto nei pressi del Lido san Giovanni: ho guardato il cielo attraverso le lenti scure dei miei occhiali da sole. Nessuno poteva vedere i miei occhi. Ho cercato di pensare di essere sola anche se Iyashi tirava un il guinzaglio e mi ricordava che così non era.

Ho pensato che avrei voluto stare così per giorni e giorni. La schiena stanca e acciaccata appoggiata sul piano rigido che mi sosteneva; l'aria fresca sul viso e dentro le narici; gli occhi protetti dagli sguardi degli altri; fingere di dormire così nessuno poteva chiedermi nulla.

Credere di sparire e di essere invisibile. Desiderare di esserlo.

Sono giorni che cerco un posto così. ma non ci andrò mai. Perché c'è Iyashi. Perché ci sono i figli e il marito; i suoceri. Ci sono le terapie; le visite, gli esami, gli esiti, i referti..: c'è questa vita che mi fa sentire un pupazzo inutile.

Arriverà quel giorno in cui nessuno mi darà più la carica con la chiavetta la mattina. 

E a volte desidero che quel giorno arrivi il prima possibile.